I 12 blocchi per una comunicazione efficace
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I 12 blocchi per una comunicazione efficace

Una buona comunicazione interpersonale, richiede numerosi sforzi, in particolar modo di chi è coinvolto nel processo comunicativo, monitorando costantemente il proprio mondo per poter offrire un ascolto efficace. Generalmente si confonde la dimensione dell’ascolto con la funzione del sentire, trascurando una differenza fondamentale: ascoltare è un processo, sentire è una funzione, è un modo di immedesimarsi nell’altro.


A questo proposito, di particolare interesse sono le 12 barriere comunicative individuate da Thomas Gordon (1974), che rallentano, inibiscono o bloccano il processo comunicativo, innescando nell’interlocutore un senso di sfiducia. Tuttavia, spesso non siamo consapevoli di utilizzare queste modalità, ed è importante notare che queste 12 risposte tipiche sono ostacoli solo quando l'altra persona segnala che sta vivendo un problema.


In questo modo, sottolinea lo psicologo, “blocchiamo il processo di ascolto attivo e concentriamo la nostra attenzione sul nostro punto di vista o su ciò che giudichiamo giusto o sbagliato, anziché restare in contatto con i bisogni, idee, emozioni che l’altro esprime.”


Vediamo insieme quali sono le 12 barriere di Gordon, spiegandole con alcuni esempi:


1) Dare ordini, comandare, esigere

Quando diciamo all’altro: “Devi”, “Bisogna che tu…” gli comunichiamo che i suoi sentimenti, pensieri e comportamenti non sono adeguati, non mostrando né empatia né accettazione. Creiamo una situazione spiacevole di asimmetria in quanto lasciamo intendere che chi parla sa cosa sia bene o male per l’altra persona. Tali risposte molto spesso interrompono immediatamente ulteriori comunicazioni, negando ogni possibilità di apprendere le motivazioni dell’altro.


2) Minacciare, avvertire, mettere in guardia

Ad esempio: “Se non fai così…”,”Faresti meglio a…”, “ Se continui così…”, sono messaggi simili a quelli precedenti, ma qui le conseguenze sono più esplicite: la minaccia, la punizione, suscitando sentimenti di rabbia e ribellione da una parte e dall’altra paura e sottomissione. Inoltre, la punizione non è mai produttiva, per il semplice motivo che non gratifica. È difficile poi riprendere a comunicare con una persona che si sente umiliata.


3) Moralizzare, rimproverare, fare la predica

Es.: “Non ci si comporta in questo modo …”, “Sarebbe opportuno che …”, “lo dico per il tuo bene …”. Questi messaggi creano un obbligo imposto e sensi di colpa, costringendo la persona a sottostare al potere esercitato da idee e valori altrui. Questi messaggi sono difficili da “contrastare” perché spesso “nascosti” da frasi manipolative (lo faccio per te). In ogni caso comunicano la mancanza di fiducia nel senso di responsabilità e scelta dell’altro, bloccando la comunicazione e portando gli interlocutori a difendere le proprie posizioni in modo ancora più forte.


4) Offrire soluzioni, consigli

Anche quando cerchiamo di dare consigli è necessario fare attenzione. Quando diciamo: “Secondo me la cosa migliore è…” oppure “ascolta il mio consiglio, ci sono passato anch’io”, dovremmo tener conto che inviamo un messaggio di superiorità intellettuale ed emotiva che potrebbe bloccare la comunicazione. Inoltre, impedisce loro di pensare a un problema, considerare soluzioni alternative e provarle. Offrire consigli e suggerimenti può causare dipendenza e resistenza.


5) Argomentare, redarguire

In una conversazione, quando diciamo: “Sì, però…”, “no, non mi dire che…” tendiamo a provocare misure difensive e contro-argomentazioni da parte di chi ascolta. La logica e i fatti spesso mettono gli altri molto sulla difensiva e risentiti. Infatti, alle persone raramente piace che si mostri che si sbagliano. Anche interrompere è un atteggiamento che esprime non ascolto e non comprensione dell’altro, anche se pensiamo di sapere cosa vuole comunicarci o abbiamo fretta di rispondere.


6) Giudicare, valutare, criticare

Il giudizio pone l’altro sulla difensiva e la comunicazione continua in modo negativo, sempre che il soggetto non si allontani. La valutazione induce le persone a nascondere i loro veri sentimenti e questi messaggi insinuano una valutazione di incompetenza e povertà di giudizio e interrompono la comunicazione.


“Tu sei…”, “Stai sbagliando tutto…”. Sono messaggi che chiaramente creano una barriera alla comunicazione.



7) Fare apprezzamenti, lodare

È sempre piacevole e gratificante ricevere apprezzamenti, Bravo, questa sì che è la scelta migliore …”, infatti questa è una barriera difficile da individuare. Allo stesso tempo, il messaggio di “approvazione” che inviamo contiene l’idea implicita che altre scelte le avremmo giudicate sbagliate o non adeguate. Anche se possono apparire come manifestazione di stima e fiducia, possono sembrare atteggiamenti manipolatori, soprattutto quando si sente la non sincerità (ricordiamoci la potenza del linguaggio non verbale).


8) Ridicolizzare, etichettare

“Ecco sei il solito”, “Ci risiamo”. Queste modalità sono ulteriori aspetti di valutazione negativa e di critica. Sono i classici messaggi che svalutano la persona, non solo il suo comportamento, e che possono ferire profondamente, non trasmettendo accettazione ed empatia.


9) Analizzare, interpretare, diagnosticare

Interpretare significa cogliere qualcosa di simile a quanto viene detto e filtrarlo attraverso i nostri significati, vissuti ed esperienze.


“Probabilmente ti senti così perché..." oppure “Io so cosa stai cercando di dire realmente”. L’atteggiamento interpretativo consiste nell’attribuire dunque un nostro significato alle parole dell’interlocutore e non è detto che ciò corrisponda a verità. Quando interpretiamo il ruolo di psicoanalista dilettante, spesso comunichiamo all’altro che pensiamo di essere superiori a lui. Lasciarlo parlare o chiedere chiarimenti è sicuramente una strada migliore per una comunicazione efficace.


10) Rassicurare, consolare

Messaggi come “Non avere paura…”, “Vedrai, tutto si risolverà…”, sembrerebbero frasi di sostegno, ma in realtà sono una barriera perché tendono a bloccare l’esperienza che l’altro sta vivendo. A volte rassicurare e consolare è più un’esigenza legata all’incapacità di sostenere l’esperienza dell’altro che non un reale tentativo di vicinanza emotiva.


11) Fare domande, investigare, indagare

Chiedere informazioni porta a spostare il colloquio verso una direzione diversa da quella voluta dal nostro interlocutore. Chi riceve domande insistenti e chiuse (“ma come mai?”, “ma tu cosa stavi facendo?”, “ma perché?”), ha la sensazione di essere impegnato a rispondere a un interrogatorio, sentendosi minacciato e non apprezzato e capito.


12) Cambiare argomento, minimizzare ed evitare

La classica frase: “Non è poi così grave, pensa a chi sta peggio di te” comunica scarso interesse per il nostro interlocutore e per quello che sta tentando di dirci, è una mancanza di attenzione nei confronti dei suoi sentimenti, facendo sentire l’altro non considerato e incompreso.


In conclusione, quanto più siamo consapevoli di ciò che ci accade dentro e intorno a noi, tanto più saremo in grado di non proiettarlo sul nostro interlocutore e di distinguere in modo chiaro e onesto il nostro vissuto per fare spazio al vissuto dell’altro e migliorare la comunicazione, senza incorrere in errori.

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